Fino a qualche decennio fa, chi si occupava di cultura non si poneva il problema di come comunicare con i non addetti al lavoro. Oggi la situazione si è trasformata e ormai riuscire a comunicare e a farlo nel modo corretto è un must. La comunicazione inoltre. non basta più quello che si vuole creare tra la popolazione e la cultura che lo circonda è un dialogo.
Partendo, infatti, dal presupposto che i beni culturali sono una ricchezza della collettività. E’ un dovere di chi li detiene, proteggerli e promuoverli affinché sempre più persone possano fruirne.
In altre parole le istituzioni dovrebbero fornire le chiavi di lettura adeguate affinché le persone in base alle proprie conoscenze e interessi possano fruirne.
Per poter realmente fornire alla popolazione servizi culturali adeguati. Serve analizzare il pubblico di visitatori che fruiscono già dei beni, analizzare per contro coloro che non ne fruiscono e il motivo del loro disinteresse.
Quindi progettare percorsi ad hoc per avvicinare coloro che pensano di non essere interessati o che non si sentono a loro agio in ambiti culturali.
Tutto questo partendo dalle persone che abitano nelle zone limitrofe. Perché se una comunità riesce ad appropriarsi dei beni, siano essi materiali (monumenti, musei), o immateriali (tradizioni) sarà lei stessa a mantenerne l’integrità e l’autenticità.
Ad oggi, il digitale e tutti gli strumenti ad esso correlato possono aiutare a fare tutto ciò di cui si è parlato sopra.
Identity building: Percorsi per individuare, descrivere e disegnare le identità di un museo, di un territorio, di un monumento, di un paese.
Social media strategy: Scrivere e implementare strategie di coinvolgimento e partecipazione sui social network a eventi e iniziative.
Digital engagement: Progettare strategie di partecipazione che trasformino la community on-line in pubblico, sostenitori e ambasciatori.
Il tutto con un occhio di riguardo ai temi trattati, con l’obiettivo di arrivare ai più senza svilire i contenuti.